venerdì 27 febbraio 2009

Latte, Solfato e Alby Starvation

Questo libro mi fu consigliato decenni fa dal mio pigmalione letterario, il grande Antonio Tettamanti. Erano gli anni 80, quando l'Inghilterra edonista, stracciona e disperata di Margaret Thatcher produceva malgrado il suo governo ottima musica (non tutta, però c'era la new wave oltre ai Duran Duran) e molti ottimi film. Tra gli scrittori emersi in quel periodo c'era Hanif Kureishi col suo "Buddha della Suburbia" (ambientato nel decennio precedente)e la sceneggiatura di "My beautiful laundrette".
Tutto andava a rotoli, ma c'era molta vitalità culturale.
E dunque Tettamanti mi consigliava questo libro.
Sono passati vent'anni, me ne sono completamente scordata quando, scorrendo la libreria di un amico, leggo il titolo e nella testa sento suonare una fanfara: scatta una replica di una vecchia puntata della mia vita ed in pochi minuti eccomi appropriarmi del tascabile e portarmelo (del tutto legalmente) a casa.

Alby Starvation è il soprannome di uno spacciatore di solfato di Brixton, sobborgo londinese alquanto malfamato. E' allergico alle persone, vanitoso ma contemporaneamente sporco e sciatto come il peggiore punkabestia che abbiate conosciuto. Indolente, fifone e presuntuoso, vive in uno stato di perenne vittimismo, convinto che il mondo intero ce l'abbia con lui non si sa bene per quale motivo.
Passa dall'assumere sostanze stupefacenti a cucinare cibi macrobiotici con la tipica schizofrenia degli Inglesi, incapace di una qualsiasi coerenza.
Cosa importantissima, possiede una collezione paurosa e preziosissima di fumetti alla quale dedica tutti i suoi pensieri e che protegge come un figlio. Il suo migliore amico è il criceto, Mr Happy.
La vita non esaltante di Alby si anima lentamente di una serie di personaggi che si muovono nei pressi e le cui storie in qualche modo si intrecciano con la sua: le sue amiche Fran e Julie, una killer di nome June, il proprietario di un night club e un sacco d'altra gente. Alcuni stanno cercando proprio lui, Alby Starvation, magari per ammazzarlo, altri non sanno proprio chi sia.

Le storie si sviluppano come in un gigantesco piano sequenza, sempre narrato al presente e con pochissimi dialoghi. Nonostante la frammentarietà nessuno viene perso per strada e il lettore anche inzialmente un pò scettico (insomma, dopotutto è la stessa tecnica narrativa di tanti, tra cui Kurt Vonnegut, per fare un nome) viene avvinto a poco a poco, fino a divorare le ultime pagine in uno stato d'ansia per il proprio eroe, il suo criceto e i fumetti.

Certo, per chi ha vissuto la propria adolescenza in quel periodo e ha conosciuto i videogiochi arcade e ascoltato i The Fall, magari sognando di andare a Londra, questo libro ha un sapore particolare. Rimane comunque molto divertente e molto Inglese (nel senso migliore che questa parola può avere) per tutti gli altri.
Se ci fosse qualche regista alla ricerca di un buon soggetto, consiglio caldamente questo libro.
Se poi voleste leggere qualcosa d'altro di Martin Millar vi comunico che sono disponibili altri tre titoli, "Io Suzy e i Led Zeppelin" (programmato come prossimo acquisto), "Ragazze lupo" e "Fate a New York". Martin ha anche un blog, eccolo qui http://martin-millar.blogspot.com/


martedì 24 febbraio 2009

Sulla disciplina

"Non bisogna accusare l'indisciplina.
Non c'è niente di male ad essere indisciplinati se nell'indisciplina c'è una volontà.
La cosa peggiore è quando l'indisciplina non c'è più, quando si sceglie di dare retta agli altri"
Vittorio Foa

Senza parole


domenica 22 febbraio 2009

Non è per sempre


Aki Kaurismaki è un regista abbastanza unico: a meno di scoprire che in Finlandia fanno tutti film con attori non belli (anzi bruttini), dall'aria comune, che parlano pochissimo, protagonisti di storie a dir poco surreali, pur calate in un universo quotidiano (dio mio, quanto assomiglia la Finlandia a un paese dell'est?)non si trova facilmente niente del genere.

Il suo film più noto da queste parti rimane probabilmente "Leningrad Cowboys go to America", ma tra i miei preferiti c'è "Nuvole in viaggio", introvabile (speriamo per poco) nei negozi.
Ilona lavora come capo cameriera al ristorante "Dubrovnik"; la sera, dopo il lavoro, il marito Lauri passa a prenderla a bordo del tram n.6 che guida. Sembra una vita molto tranquilla, con molte rate e una felice routine. Ma le cose sono destinate a cambiare in modo drammatico: una mattina Lauri viene licenziato (il datore di lavoro fa pescare i dipendenti da un mazzo di carte da gioco, la carta più bassa perde) e subito dopo il ristorante chiude, lasciando tutti i dipendenti senza lavoro.

Inizia l'odissea dei nostri eroi, tra uffici di collocamento dove vieni trattato da cani, agenzie di collocamento private che ricattano i disoccupati, loschi datori di lavoro che non pagano i contributi e lo stipendio. Ilona e Laurie incassano ogni colpo, le provano tutte, si disperano ma non mollano, non hanno alternative.
Non si sa se ridere o piangere, mentre li vediamo superare momenti ridicolmente drammatici senza alzare un sopracciglio, cadere sempre più giù tentare il tutto per tutto e perdere, senza una lacrima, senza un urlo di rabbia.
Ma alla fine tutto si risolve. Quanto improvvisamente le cose erano precipitate, così, quasi magicamente, si aggiustano, e le nuvole passano.

Quando nell'ultima scena Ilona e Laurie escono a guardare il cielo tiri un sospiro di sollievo e ci scappa una lacrima di commozione, che non fa male.
In questi tempi durissimi che sembrano non lasciarci speranza, fa bene rivedere questo film e ricordarci che prima o poi le nuvole passeranno anche per noi.


venerdì 13 febbraio 2009

Most of the time

Stamattina sul tram tenevo in cuffia il terzo volume del più recente Bootleg Series di Bob Dylan ("Tell tale signs"); non l'avevo ascoltato prima e quando ha attaccato "Most of the time" -dallo splendido "Oh Mercy", grazie Bob- mi sono sorpresa.

Che perfezione, che pulizia, che bella canzone. Ognuno di noi quando ascolta la musica o legge un libro ci mette del suo, eppure nel caso di Dylan sembra sempre che ti legga dentro, che sappia esattamente cosa provi e metta in musica i tuoi sentimenti... I miei, almeno. Come non potrei essergliene grata?
Grazie Bob!

domenica 1 febbraio 2009

O brother, where art thou?

L'ultimo vero disco di inediti di Springsteen è stato Devils and dust. Ha fatto seguito lo scoppiettante tributo a Pete Seeger, e bona. Per me ci possiamo fermare lì. D&D e il suo tour hanno costituito una vetta importante nell'arte di Bruce, mai il boss è stato così incisivo e sicuro dei suoi mezzi senza alle spalle la E Street.
A livello di liriche, poderoso scarto in avanti a scrollarsi di dosso l'aurea di poeta romantico di strada, per immergersi un pò nella puzza di abiti lerci e motel da quattro soldi, propri di Bukowski. Sì, sto parlando della splendida Reno. Ma il disco doveva avere una bonus track, rimossa all'ultimo dalla major, visto il grave imbarazzo che, a detta dei capi, avrebbe potuto causare. E dire che era una canzone di Natale. Beh, di un babbo Natale che si faceva spompinare in un parcheggio, alla vigilia di Natale, per dirla tutta.


Pilgrim in the temple of love

It was Christmas Eve, I was standin' in the parking lot
of "Fabulous Girls, Nude - Nude - Nude"
In the car next to me there was a young lady givin' a blow-job
to a man in a Santa Claus suit

His beard was crooked, his hat askew
Embarrassed, I turned to go
When from the back seat of that Mazda I heard
somebody shout "Oh Baby, don'tstop"
And a merry "Ho-ho-ho"

When I walked inside, I ordered a beer and a double shot of whisk
And in three minutes I had fallen in love
The DJ announced "Ladies and gentlemen, fromForth Worth, Texas: Lady Godiva"
And I sat and worshipped 'neath the angel above
At the end of her set she brushed her hair
Came and sat on the stool to my right
And said "Will you buy me a drink?"My heart beats fast, my trousers grew tight
And wittily I replied "Uhhh...."

She showed me a picture of her kid
Said during the day she's an art student
She dances six nights a week for slobs and idiots like this
Of course, present company excluded.

On Donner, on Dancer, on Comet, on Blitzen
I'm lost in the valley of the supervixens
Worshippin' at the feet of the goddess above
I'm a pilgrim in the temple of love, ma,
just a pilgrim in the temple of love

Well then Santa came stumblin' in, and somebody shouted
"Hey Santa, where's your elves?"
He sat down on the stool to my left
And the bartender took a vodka bottle of the shelf
He asked if Mrs. Claus had called
To tell her he worked on the late shift at the mall
And he was sorry, but he just got through
I turned and I asked him:"How's the kid this year, Santa?
"Beneath his breath he whispered "A merry fuck you"

Well then the owner come over and he was a short gfat ugly guy
With a funny kind of pushed-in face
He shook my hand and said it was the first time
They'd ever had a real superstar in this place
Lady Godiva bought me a few drinks
And words came out of my mouth
What they were, I couldn't guess
But it was something about showgirls, lapdancing, motley crue
You can guess the rest

Well I walked outside, snow was falling
I had some toys to put together - it was Christmas time
Santa followed me into the parking lot
And threw up on the hood of the car next to mine
I gave him my handkerchief, pulled out onto the highway
And as I sat at the light
I swear I saw a sleigh with a dozen of reindeers
Pull up out of the parking lot and cut across the mall
And a voice shouted "Merry Christmas to all you assholes and to all a good fucking night!"