giovedì 25 febbraio 2010

Scelte


Come qualcuno dei miei followers saprà, una volta lavoravo in banca. Quasi quattro anni fa presi la decisione di andarmene e la cosa fece scalpore tra amici, parenti ed (ex) colleghi. C'è gente che ancora adesso non si capacita di come abbia potuto fare una cosa del genere (portandomi dietro altra gente, poi).
Ebbene, questa settimana sono tornata in banca per chiudere il mio vecchio conto da dipendente e aprirne un altro. Dopo circa un'ora di firme, firmette stampe di moduli eccetera, il "consulente privati" si appoggia allo schienale della poltrona e mi chiede "E allora, non le piaceva la banca?".
Mi aspettavo una stretta di mano e via, perciò questa curiosità mi ha un pò sorpresa. Ho pensato che il tipo volesse perdere altri cinque minuti e così mi sono messa a raccontare: sì, non mi piaceva proprio, era una bella scocciatura, insomma ci sono stata cinque anni, guadagno pochissimo ma non mi sono mai pentita, in fondo se volevo i soldi restavo.
A quel punto mi sono accorta che il pover'uomo s'era come afflosciato e i suoi grandi occhi da cucciolone gaudente erano diventati terribilmente malinconici. Evidentemente avevo colpito un punto debole.
Ho cominciato a sentirmi in imbarazzo, che è diventato insostenibile quando gli ho raccontato delle mie attività piuttosto attraenti (teatro) risultando forse eccessivamente vincente, più di quanto non sia in realtà.
Temendo che l'amico potesse mettersi a piangere da un momento all'altro, ho scrutato il suo tavolo alla ricerca d'ispirazione: mi sono trovata a pensare con orrore ad una vita spesa col sedere sopra quella stessa poltrona, circondato per tutta la vita da quegli oggetti, la stampante, il telefono, il computer, sempre quelli, proprio quelli, per sempre. Poi ho scoperto il lavoretto fatto a scuola da suo figlio, ero "salva".
"E poi" mi sono affrettata a dire "E' anche una questione di scelte. Per esempio, io non ho voluto figli..."
A queste parole è parso sollevato, molto sollevato, al punto che mi ha liquidata con una stretta di mano e un sorriso beato. Gli ho dato una scusa per rimanere ancora legato al suo lavoro, che con tutta probabilità detesta. Non so se ho fatto bene.

martedì 23 febbraio 2010

One track wonder

Il termine one hit wonder era stato coniato per quei gruppi meteore che avevano fatto un botto colossale con una sola canzone per poi sparire nel nulla (e rispuntare fuori magari vent'anni dopo sul programma di ripescaggi di Italia Uno).

Non è certo il caso di Johnny Cash, enorme rappresentante della musica root americana. Allora perchè questo titolo?

Perchè, diamine, ho avuto modo di ascoltare il sesto capitolo (postumo) della saga di Rick Rubin, American VI: Ain't no grave, ed è bastata la prima traccia, che è anche la title track, per restare pietrificato di fronte a quanta bellezza può affiorare dalla sofferenza di un vecchio, che negli ultimi giorni di vita a malapena riusciva a respirare ma che ha voluto cantare e registrare letteralmente fino alla fine.

Tanto non c'è fossa che possa trattenere il suo corpo.


venerdì 5 febbraio 2010

La sciarpa

M'è successa una cosa piuttosto antipatica.
Ho affittato il mio appartamento (con regolare contratto) ad una persona che non solo non mi ha pagato l'affitto, ma neppure la cauzione, uno di quei furbacchioni che conoscendo bene (evidentemente) il codice civile sanno come sia effettivamente molto facile (e ce ne siamo accorti) non solo raggirare delle persone, ma rimanere in possesso illecito dei loro averi per un tempo piuttosto lungo.
Non entrerò in eccessivi particolari, col senno di poi siamo tutti detective e quindi tutti possiamo dire "Ah! Lo sapevo!". Però una cosa mi aveva subito incuriosito di questo personaggio, e se avessi seguito quest'intuizione, adesso non sarei in questo pasticcio:
questo tizio faceva il figo col Blackberry in mano, il cappotto di cammello e il vestito gessato (!) ma portava una sciarpa viola di una marca incredibilmente economica. Sono rimasta colpita, perchè penso che se qualcuno ha i soldi, non si compra roba da poco ma punta al cachemire, alle griffe etc. Fa parte dello status symbol e delle cazzate legate al possesso di denaro.

Ora, io sono certa che questo personaggio sarà punito perchè si tratta di un boomerang energetico: questa casa, che tiene illecitamente, sarà la fonte della sua rovina.
Ma voglio anche stigmatizzare che il male che fanno questi truffatori, non è puramente economico: minano con le loro azioni l'autostima delle loro vittime, le fanno sentire stupide, le fanno vergognare di sè. Quante persone anziane truffate da finti controllori di gas e luce si chiudono in casa e non dicono nulla a nessuno per la vergogna?
Per questo mi sento di dire che individui del genere commettono ben più che crimini economici, colpiscono a livello profondo l'orgoglio di una persona e rischiano di danneggiare il suo benessere psicofisico. Anche perchè normalmente prendono di mira gente che non ha mica tanti soldi, sufficientemente ingenue. E non hanno il coraggio di provarci con i veri ricchi. Troppo rischioso.

Sicchè ora pubblico una magia apposita:

Fetentone fetentone,
Guarda qui, bello scherzone
Credi di esser furbo
Credi essere in gamba
Ma sei solo aria nella tua pancia
E non ti preoccupare
Perchè sta per arrivare
L'energia ti darà un pugno
Sul grugno
Che tu ci creda o no Mr...