lunedì 7 marzo 2011

Le parole per non dirlo

Sto per toccare un argomento molto delicato. Anche se mi vanto di essere piuttosto cinica non è mia intenzione risultare offensiva nei confronti di nessuno, semmai il contrario, ristabilire un certo rispetto per temi dolorosissimi.

E allora parliamo di giovani scomparse ed uccise, di Sarah Scazzi e di Yara Gambirasio e di quelle troppe creature che scompaiono da vive e riappaiono purtroppo da morte. La loro fine è mostruosa, e tutti (almeno per qualche giorno) sono sotto shock. Poi, inevitabilmente, all'orrore fa seguito la commozione, e qui iniziano i guai.
La nostra struttura emotiva, ormai completamente succube dei desideri e dei ritmi televisivi, non regge alla consapevolezza del delitto, alla presa di coscienza di ciò che si è consumato in un ambiente apparentemente pacifico.
La paura di sapere quanto orribile sia la realtà, la paura che una cosa del genere possa accadere anche a chi ci è caro, ci spingono verso una consolazione patetica e per me ormai insopportabile.
I pupazzi di peluche, i bigliettini con frasi che tentano il poetico, l'immancabile ritornello che vuole che la giovanissima vittima "Sia diventata un angelo e sia volata in cielo" mi danno il voltastomaco.
Tutte queste parole zuccherose e questi gesti di auto consolazione mutuati dalla cristianità mi danno l'impressione di una fuga: una fuga da quel dolore terribile che deve colpirci in modo che non scordiamo e che possiamo essere vigili in futuro; una fuga dal senso di colpa perchè forse in molti nei due piccoli paesi colpiti da queste tragedie sapevano, avrebbero potuto intuire il pericolo che si celava nel pacifico quotidiano; una fuga pura e semplice dalla realtà.

Il cielo si riempie di angeli e la terra di anime pie che scrivono bigliettini commoventi con cui si lavano la coscienza e tentano di dimenticare (di dare un contributo all'evento!), così che al prossimo delitto si possa rimanere ancora come sorpresi: "Chi se lo sarebbe immaginato".

Questo m'inorridisce. Non voglio dimenticare come mi sono sentita, voglio ricordare quei momenti terribili in cui ho appreso del ritrovamento dei due corpi, di Sara e Yara, voglio sentirmi male perchè credo che solo attraverso questa nausea possiamo difenderci dal processo di desensibilizzazione che ci sta facendo passare qualunque cosa come una fonte di spettacolo.
Voglio che la si smetta di girarci intorno nelle trasmissioni del pomeriggio tirando in ballo Facebook, psicologi catodici, soubrette da quattro soldi. Voglio rispetto. E voglio silenzio.

1 commento:

cosmic kid ha detto...

Che, almeno nel caso di Yara, è anche quello che vogliono i suoi cari.