giovedì 13 agosto 2009

Sulla strada con Tom Petty- Higway Companion


Non so perchè, ma nonostante l’estrema simpatia che provo per Tom Petty (ricordo di averlo disegnato una volta come un becchino che insieme a Bob Dylan scavava buche con la chitarra) e l’affinità con la sua musica, non mi sono mai comprata un suo cd.

Mi sono guardata e riguardata i suoi vecchi video (“Don’t come around here no more” è ancora uno dei più divertenti e azzeccati mai prodotti), l’ho ascoltato alla radio, l’ho seguito come Travelin’ Wilbury…Ma un disco suo non me lo sono mai preso.

Mai dire mai. Grazie ad alcuni cittadini di Livorno che pietosamente aprono i negozi la domenica dando rifugio agli sfigati arrivati con un anticipo di 6 ore sull’orario d’imbarco per la Sardegna e grazie al mitologico cestone delle offerte, mi porto via “Highway Companion” (attenzione, del 2006!) a poco più di 5 euri…Yuppiiiii!

Nelle foto del libretto allegato Tom non ha più lo sguardo inquietante da Cappellaio Matto di un tempo, è molto mite, appare quasi in difficoltà davanti alla macchina fotografica. E nonostante si tratti di un album con tutte le tonalità rock e blues e country del caso è innegabile che si senta una certa malinconia. I suoni non sono mai troppo aspri, a volte addirittura sommessi e la strumentazione è abbastanza scarna, anche considerato che il produttore è Jeff Lynne (anche lui Travelin’ Wilbury ma soprattutto ELO, vale a dire coretti e tastiere a go-go). Inoltre, suona quasi tutto Tom.

Un lavoro che da qualche altra parte avrebbero definito come “intimista”.

Il titolo è quanto mai chiaro, tutte le canzoni, con forse l’eccezione di “Damaged by love” (molto bella e moooolto triste) parlano di movimento, di andare, di cercare, di tornare.

“Saving Grace”, il blues che apre l’album , parla di un’incessante ricerca, “Square One” è una delicata ballata sul ritorno a casa,“Flinrtin’ With Time” una corsa rock in fuga dal tempo. E ancora “Down South” (un’altra ballata), “Jack”, “Big Weekend” (un allegro brano country), “Turn This car around” (altro blues) fino all’addio alla “Golden Rose” che chiude il disco.
Come ho detto sopra, c’è una malinconia che pervade tutte le canzoni, qualcosa che ha a che fare con addii, rinunce, con la ricerca del proprio posto. Sia chiaro, non è Antony and The Johnsons, non vi deprimerà. Ma sicuramente sarà un buon compagno nei momenti in cui magari volete stare soli o vi trovate a rimuginare o avete voglia di qualcosa di americano e di bello ma senza urli e chitarroni. Vi sentirete meno soli e un po’ più capiti da questo mondo.

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