Prima di tutto lo shock: per chi come me ha visto negli anni 80 le donne impazzire per Mickey Rourke, le 9 settimane e ½, gli anni del dragone etc., rivederlo così è una bella botta.
Quando riesci a scacciare quell’immagine rimani col suo corpo (enorme ormai), che è il vero protagonista del film: cadente, flagellato, maciullato, sbattuto a destra e a sinistra. Tagliato e ricucito innumerevoli volte, un corpo quasi da Cristo dei nostri giorni (lettura molto trasversale, ma suggerita)che attraversa tutte le stazioni della sua via crucis. Il corpo di Randy The Ram lo porta alla gloria, lo fa cadere, gli dà la possibilità di ritentare ancora e ancora e infine di decidere del proprio destino.
La sua faccia è come una bisteccona che non cambia quasi espressione, ma che importanza ha la faccia di un wrestler? I tagli, i lividi, le cicatrici dicono tutto, il dolore, la speranza e la rabbia.
Randy trascina il suo corpaccione in una vita singolare, a metà fra la gloria e l’amore incondizionato dei fan e la sopravvivenza quotidiana. Per quanto squallido possa sembrare l’ambiente del wrestling professionista (molto ben descritto a mio parere) è carico di energia molto migliore della vita di tutti i giorni, dei lavori a pochi dollari, dell’ostilità delle persone “regolari”, dello squallore e della routine che diventano abitudine irrinunciabile. Quando non ne può più è ancora sul proprio corpo che fa affidamento per sfuggire a queste trappole.
Attraverso il dolore fisico la sofferenza della solitudine e del fallimento degli affetti diventano più sopportabili. Veder guarire le ferite della carne ci illude di rimarginare anche quelle dell'anima.
Lo stile da documentario, col protagonista seguito dalla cinepresa che lo riprende spesso di spalle demolisce ogni tentativo di epica e rende ancora più commovente questo personaggio. Qualche faciloneria della sceneggiatura non basta a limitare l’emozione trasmessa da questa storia e questo attore.
La pubblicistica punta moltissimo sul parallelo tra l’interprete e il personaggio, ma non per un secondo della proiezione Randy The Ram mi ha fatto venire in mente Mickey Rourke, e questo per me è il segno di una grandiosa interpretazione, come davvero non mi aspettavo…
Quando riesci a scacciare quell’immagine rimani col suo corpo (enorme ormai), che è il vero protagonista del film: cadente, flagellato, maciullato, sbattuto a destra e a sinistra. Tagliato e ricucito innumerevoli volte, un corpo quasi da Cristo dei nostri giorni (lettura molto trasversale, ma suggerita)che attraversa tutte le stazioni della sua via crucis. Il corpo di Randy The Ram lo porta alla gloria, lo fa cadere, gli dà la possibilità di ritentare ancora e ancora e infine di decidere del proprio destino.
La sua faccia è come una bisteccona che non cambia quasi espressione, ma che importanza ha la faccia di un wrestler? I tagli, i lividi, le cicatrici dicono tutto, il dolore, la speranza e la rabbia.
Randy trascina il suo corpaccione in una vita singolare, a metà fra la gloria e l’amore incondizionato dei fan e la sopravvivenza quotidiana. Per quanto squallido possa sembrare l’ambiente del wrestling professionista (molto ben descritto a mio parere) è carico di energia molto migliore della vita di tutti i giorni, dei lavori a pochi dollari, dell’ostilità delle persone “regolari”, dello squallore e della routine che diventano abitudine irrinunciabile. Quando non ne può più è ancora sul proprio corpo che fa affidamento per sfuggire a queste trappole.
Attraverso il dolore fisico la sofferenza della solitudine e del fallimento degli affetti diventano più sopportabili. Veder guarire le ferite della carne ci illude di rimarginare anche quelle dell'anima.
Lo stile da documentario, col protagonista seguito dalla cinepresa che lo riprende spesso di spalle demolisce ogni tentativo di epica e rende ancora più commovente questo personaggio. Qualche faciloneria della sceneggiatura non basta a limitare l’emozione trasmessa da questa storia e questo attore.
La pubblicistica punta moltissimo sul parallelo tra l’interprete e il personaggio, ma non per un secondo della proiezione Randy The Ram mi ha fatto venire in mente Mickey Rourke, e questo per me è il segno di una grandiosa interpretazione, come davvero non mi aspettavo…
3 commenti:
Interessante come dalla visione dello
stesso film emergano spunti così
differenti.
Bella la metafora sul corpo,
fuori dal coro la parte finale
che analizza il rapporto tra attore
e personaggio.
Ci sarebbe da discutere...
Quando vuoi...
tutto giusto.
ciao!
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