Da anni non leggo fumetti; ho studiato per diventare disegnatrice, ricordo che era il sogno della mia vita, ma com’è come non è alla fine non solo non ho realizzato quel sogno, ho perso interesse per i fumetti. Beh, almeno quelli “seri”, quelli di avventura. E più ne sto lontana più forti hanno da essere le storie per invogliarmi a prendere in mano un volume di nuvole parlanti.
“Watchmen” è un’opera magnifica, complessa, allucinogena, in cui la terra, il sangue e il cielo si accoppiano incessantemente rigenerandosi infinitamente attraverso i personaggi protagonisti.
La storia (ma non l’azione) inizia negli anni 40 con un gruppo di vigilanti mascherati, i Minutemen. Visti col senno di poi appaiono alquanto ingenui, ma non lo sono affatto e vengono illustrati in tutta la loro umanità: la maschera serve a nasconderli, più che a proteggerli, sotto di essa si celano debolezze, segreti e perversioni e appare chiaro che il confine tra l’essere un eroe ed essere un criminale, per alcuni di loro è molto sottile.
Il tempo passa, alcuni si ritirano, alcuni scompaiono inghiottiti dal nulla, altri si alleano coi servizi segreti Americani: è finita l’età dell’innocenza e con la comparsa di un superuomo di nome Dottor Manhattan, anche quella dei semplici eroi. Ma qualcuno c’è ancora, qualcuno come Rorschach che con la sua sola abilità fisica, la propria astuzia e desolazione psicologica persegue molto personalmente il fine della GIUSTIZIA.
Difficile andare oltre nella descrizione degli eventi, sia per la complessità sia perché non sarebbe carino rovinare la sorpresa a chi ancora non l’abbia letto.
Posso raccontarvi però del mio personaggio preferito, Rorschach, appunto. Sulla carta è insopportabile: fascista, reazionario, rigido come un pezzo di legno. Ma ti prende, da subito, ti affascina e non vedi l’ora che l’azione si sposti su di lui. Con il suo passato doloroso, la vita squallida che lui stesso rifiuta rifugiandosi dietro alla sua faccia bianca e nera, Rorschach è l’eroe più popolare (non in senso di celebrità), il gradino più basso nella scala dei Watchmen. E’ lui la terra, colui che ragiona con l’istinto primario, il primo chackra. E’ quello che vede a due dimensioni, a due colori, bianco e nero appunto, irragionevole, infantile e privo di compromessi. Ha visto ciò che tutti si rifiutano di vedere e non sa metterlo da parte per vivere in modo “decente”.
Appena sopra di lui sta Il Comico, una vera carogna. Anche lui ha capito quanto sia brutale il mondo ed inutile l’idea dell’eroe senza macchia e senza paura. Dunque, come un Kurtz in calzamaglia si è tuffato nell’orrore e se lo è fatto amico con il suo sense of humour.
Vengono poi Laurie (figlia di Silk Spectre e compagna del Dottor Manhattan) e Night Owl, un “uomo della strada” che cerca di rendersi utile e di non ricorrere alla violenza se non è strettamente necessario. Loro sono i borghesi, i middle class che credono ingenuamente che ci sia un modo lecito per portare la giustizia nel mondo.
E poi, sempre più in alto nella scala, Ozymandias, l’uomo più intelligente del mondo, un super miliardario che si ispira alla grandezza dei Faraoni e al vertice di questa sorta di piramide il Dottor Manhattan, un uomo che uomo non è più: vede nel futuro e nella materia, che può modificare a piacimento. Pur presente agli occhi degli umani egli sembra vivere in molteplici dimensioni contemporaneamente, e percepire la nostra più o meno come un’interferenza nel suo campo visivo. Al pari di un mistico tutto ciò che per noi è capitale a lui appare lontano e di risibile importanza.
Saranno proprio Ozymandias e Dr Manhattan a decidere del futuro del pianeta, in un gioco, anzi, in uno scherzo spaventoso che inorridisce eppure funziona.
Ad un gruppo tanto eterogeneo ed originale di personalità si possono affibbiare decine di letture: critica sociale o evoluzione spirituale, storica (la vicenda si svolge in un tempo alternativo al nostro in cui il presidente degli Stati Uniti -per la terza o quarta volta!- è Richard Nixon), politica, psicologica.
Le vicende e i dolori di ognuno vengono a galla e toccano irrimediabilmente le vite di persone comuni, di comprimari che sfiorano appena o che ci vanno di mezzo con tutte le scarpe.
Alan Moore è geniale a tenere le fila di tanta materia e riuscire a portare a compimento la missione dei Watchmen passando dalla violenza urbana al misticismo, alla pura psichedelica. Dave Gibbons con i suoi disegni tiene testa a tanto sceneggiatore, ma il geniaccio è lui, che riesce a concepire un’opera veramente faraonica, dura, emozionante e che non regala (grazie ancora) uno scontato lieto fine.
Alla luce di tanta meraviglia riuscire a cavarne una pellicola cinematografica pare un’impresa. Capita a volte, con scrittori come Ellroy o Lansdale di pensare “Cazzo, che bel libro, sembra di leggere un film”, solo che poi ripensandoci, è semplicemente impossibile senza tagliare e modificare un sacco di cose. Oltretutto il cinema fumettoso corre continuamente il rischio di cadere nella citazione del cartaceo, rischiando di diventare gustoso solo per chi già conosce la storia.
Forse gli autori del film “Watchmen” (tra cui lo stesso Moore che pare abbia poi rinnegato la sua creatura di celluloide) si sono illusi di potercela fare.
E hanno sbagliato. Nonostante gli sforzi e alcune trovate apprezzabili solo il vero fan riesce a godere in modo onanistico delle vicende dei nostri eroi sul grande schermo.
Inutile ripetere la trama, identica al fumetto: hanno provato a metterci il più possibile, ma nelle due ore e quaranta di durata si riesce appena ad intuire la potenza delle pagine disegnate: le sofferenze dei Watchmen vengono accennate, ma non si va a fondo. Non capiremo mai perché Rorschach è diventato quello che è, qual è il dramma del Comico e quello di Silk Spectre.
Ci sono citazioni letterali delle battute del libro, ma chi non lo ha letto non prova alcun brivido.
Anche a livello visivo si osa relativamente poco: la sigla di testa è molto bella, molto fumettosa, accompagnata brillantemente da “The times they are a-changin’” di Bob Dylan.
“Watchmen” è un’opera magnifica, complessa, allucinogena, in cui la terra, il sangue e il cielo si accoppiano incessantemente rigenerandosi infinitamente attraverso i personaggi protagonisti.
La storia (ma non l’azione) inizia negli anni 40 con un gruppo di vigilanti mascherati, i Minutemen. Visti col senno di poi appaiono alquanto ingenui, ma non lo sono affatto e vengono illustrati in tutta la loro umanità: la maschera serve a nasconderli, più che a proteggerli, sotto di essa si celano debolezze, segreti e perversioni e appare chiaro che il confine tra l’essere un eroe ed essere un criminale, per alcuni di loro è molto sottile.
Il tempo passa, alcuni si ritirano, alcuni scompaiono inghiottiti dal nulla, altri si alleano coi servizi segreti Americani: è finita l’età dell’innocenza e con la comparsa di un superuomo di nome Dottor Manhattan, anche quella dei semplici eroi. Ma qualcuno c’è ancora, qualcuno come Rorschach che con la sua sola abilità fisica, la propria astuzia e desolazione psicologica persegue molto personalmente il fine della GIUSTIZIA.
Difficile andare oltre nella descrizione degli eventi, sia per la complessità sia perché non sarebbe carino rovinare la sorpresa a chi ancora non l’abbia letto.
Posso raccontarvi però del mio personaggio preferito, Rorschach, appunto. Sulla carta è insopportabile: fascista, reazionario, rigido come un pezzo di legno. Ma ti prende, da subito, ti affascina e non vedi l’ora che l’azione si sposti su di lui. Con il suo passato doloroso, la vita squallida che lui stesso rifiuta rifugiandosi dietro alla sua faccia bianca e nera, Rorschach è l’eroe più popolare (non in senso di celebrità), il gradino più basso nella scala dei Watchmen. E’ lui la terra, colui che ragiona con l’istinto primario, il primo chackra. E’ quello che vede a due dimensioni, a due colori, bianco e nero appunto, irragionevole, infantile e privo di compromessi. Ha visto ciò che tutti si rifiutano di vedere e non sa metterlo da parte per vivere in modo “decente”.
Appena sopra di lui sta Il Comico, una vera carogna. Anche lui ha capito quanto sia brutale il mondo ed inutile l’idea dell’eroe senza macchia e senza paura. Dunque, come un Kurtz in calzamaglia si è tuffato nell’orrore e se lo è fatto amico con il suo sense of humour.
Vengono poi Laurie (figlia di Silk Spectre e compagna del Dottor Manhattan) e Night Owl, un “uomo della strada” che cerca di rendersi utile e di non ricorrere alla violenza se non è strettamente necessario. Loro sono i borghesi, i middle class che credono ingenuamente che ci sia un modo lecito per portare la giustizia nel mondo.
E poi, sempre più in alto nella scala, Ozymandias, l’uomo più intelligente del mondo, un super miliardario che si ispira alla grandezza dei Faraoni e al vertice di questa sorta di piramide il Dottor Manhattan, un uomo che uomo non è più: vede nel futuro e nella materia, che può modificare a piacimento. Pur presente agli occhi degli umani egli sembra vivere in molteplici dimensioni contemporaneamente, e percepire la nostra più o meno come un’interferenza nel suo campo visivo. Al pari di un mistico tutto ciò che per noi è capitale a lui appare lontano e di risibile importanza.
Saranno proprio Ozymandias e Dr Manhattan a decidere del futuro del pianeta, in un gioco, anzi, in uno scherzo spaventoso che inorridisce eppure funziona.
Ad un gruppo tanto eterogeneo ed originale di personalità si possono affibbiare decine di letture: critica sociale o evoluzione spirituale, storica (la vicenda si svolge in un tempo alternativo al nostro in cui il presidente degli Stati Uniti -per la terza o quarta volta!- è Richard Nixon), politica, psicologica.
Le vicende e i dolori di ognuno vengono a galla e toccano irrimediabilmente le vite di persone comuni, di comprimari che sfiorano appena o che ci vanno di mezzo con tutte le scarpe.
Alan Moore è geniale a tenere le fila di tanta materia e riuscire a portare a compimento la missione dei Watchmen passando dalla violenza urbana al misticismo, alla pura psichedelica. Dave Gibbons con i suoi disegni tiene testa a tanto sceneggiatore, ma il geniaccio è lui, che riesce a concepire un’opera veramente faraonica, dura, emozionante e che non regala (grazie ancora) uno scontato lieto fine.
Alla luce di tanta meraviglia riuscire a cavarne una pellicola cinematografica pare un’impresa. Capita a volte, con scrittori come Ellroy o Lansdale di pensare “Cazzo, che bel libro, sembra di leggere un film”, solo che poi ripensandoci, è semplicemente impossibile senza tagliare e modificare un sacco di cose. Oltretutto il cinema fumettoso corre continuamente il rischio di cadere nella citazione del cartaceo, rischiando di diventare gustoso solo per chi già conosce la storia.
Forse gli autori del film “Watchmen” (tra cui lo stesso Moore che pare abbia poi rinnegato la sua creatura di celluloide) si sono illusi di potercela fare.
E hanno sbagliato. Nonostante gli sforzi e alcune trovate apprezzabili solo il vero fan riesce a godere in modo onanistico delle vicende dei nostri eroi sul grande schermo.
Inutile ripetere la trama, identica al fumetto: hanno provato a metterci il più possibile, ma nelle due ore e quaranta di durata si riesce appena ad intuire la potenza delle pagine disegnate: le sofferenze dei Watchmen vengono accennate, ma non si va a fondo. Non capiremo mai perché Rorschach è diventato quello che è, qual è il dramma del Comico e quello di Silk Spectre.
Ci sono citazioni letterali delle battute del libro, ma chi non lo ha letto non prova alcun brivido.
Anche a livello visivo si osa relativamente poco: la sigla di testa è molto bella, molto fumettosa, accompagnata brillantemente da “The times they are a-changin’” di Bob Dylan.
Si sarebbero potute fare cose incredibili, mi immagino il Comico sprofondato in un colore che vira al bianco e nero, o Rorscharch che si muove in un universo seppia dalla fotografia sporca, tutto camera a mano…Invece non ci sono trovate visivamente forti; alcuni brani musicali classici sono ben inseriti in alcune scene topiche (con l’eccezione dell’ “Halleluja” di Leonard Cohen, colonna sonora di una scena d’amore che con tutto quello che c’è da raccontare sembra togliere spazio alla storia) ma non è abbastanza.
Le scene di lotta fanno molto “Matrix” e sicuramente l’amante del videogioco e del fumetto supereroistico ci sguazzerà. Forse il problema è proprio che il film pare indirizzato ai fan più giovani, mentre gli argomenti trattati sono ben più complessi e affascinanti.
Le scene di lotta fanno molto “Matrix” e sicuramente l’amante del videogioco e del fumetto supereroistico ci sguazzerà. Forse il problema è proprio che il film pare indirizzato ai fan più giovani, mentre gli argomenti trattati sono ben più complessi e affascinanti.
Intendiamoci, non è proprio disprezzabile come film, ma una storia del genere avrebbe meritato una sceneggiatura e una regia senza compromessi, più audaci e visionarie. Personalmente avrei applicato il Metodo Kubrick, ovvero prendi ciò che ti interessa evidenziare ed estremizzalo al massimo.
Mi viene in mente il Batman di Tim Burton, che è riuscito a far suo il personaggio del capo crociato, sarebbe stato bello fare altrettanto con i Watchmen.
Insomma, un’occasione sprecata…peccato, peccato…
Se non l’avete ancora fatto leggete il libro.
Mi viene in mente il Batman di Tim Burton, che è riuscito a far suo il personaggio del capo crociato, sarebbe stato bello fare altrettanto con i Watchmen.
Insomma, un’occasione sprecata…peccato, peccato…
Se non l’avete ancora fatto leggete il libro.
2 commenti:
Non sono d'accordo con l'analisi che
fai del film, anche se gli argomenti
che usi potrebbero anche essere condivisibili.
Fumetto dannatamente complicato da
trasportare sul big screen,
grosso budget, grosse aspettative.
Non poteva essere più di culto di
così. Dovevano
renderlo in qualche modo fruibile
anche a chi non ha mai sentito
parlare di alan moore.
Secondo me la lunga scena di sesso
su Archie, i combattimenti stile matrix
e le concessioni meno fedeli all'originale
servono proprio a questo:
a conciliare sacro e profano.
Visivamente hanno fatto un gran lavoro,
e la scelta degli attori si è rivelata
felicissima.
Per me una delle migliori trasposizioni
fumetto/cinema,
dopo il tex di Duccio Tessari con Giuliano Gemma (scherzo, neh).
Mah, non so...
secondo me quando una cosa è così forte la scelta migliore è cercare di distaccarsene facendo una lettura personalizzata (con la sceneggiatura di Mattatoio 5 me ne sono resa conto molto, troppo bene). Io avrei preso Rorschach (ho imparato a scriverlo!)e lo avrei messo a centro, con tutti gli eventi che gli giravano intorno. La scena di sesso è lì come tutte le scene di sesso...fa cassetta...
Ne riparleremo...
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